A pequena morte - testo e fotografie di Andrea Bartolomeo Cafarella
Come si chiama il confine tra la vita e la morte?
Tengo l’addome con entrambe le mani e respiro: inspiro profondamente dal naso ed espiro con forza dalla bocca. Sputo l’aria come il soffio di un drago.
Ogni respiro muove tutto il corpo – una piccola barca sbatacchiata avanti e indietro dalle onde del mare in tempesta. Sopra le nostre teste si gonfiano le vele, scosse dai turbinii.
Il vento ruglia con la violenza delle notti di burrasca, passate al largo, senza vedere terra nemmeno da lontano. Tutt’attorno uno scenario da naufragio. Grida disperate di corpi travolti dalla marea. La bufera spadroneggia e ribalta ogni cosa. Luci di fulmine attraversano il cielo e fanno tremare di paura. Sento le voci cantare. Vaaamos pedindo liiicença pra trazer aquiii o nosso rezooo! Il ritmo dei tamburi riporta il cuore a terra. Mi ricorda cosa ci faccio qui.
“Per calmarci, si respira. In quella grotta in cui siamo rinchiusi non possiamo aggrapparci ad altro che al nostro respiro, calmandolo, disciplinandolo, in attesa di illuminare il buio che percepiamo. Siamo umani che respirano. E che ascoltano il battito del tamburo sciamanico del nostro cuore impaziente sulla soglia della vita.”
“Per calmarci, si respira. In quella grotta in cui siamo rinchiusi non possiamo aggrapparci ad altro che al nostro respiro, calmandolo, disciplinandolo, in attesa di illuminare il buio che percepiamo. Siamo umani che respirano. E che ascoltano il battito del tamburo sciamanico del nostro cuore impaziente sulla soglia della vita.”
Rezo de abertura de caminhos! Osservo il tizio tedesco sdraiato accanto a me. Non trova una posizione comoda e si dimena nervoso. Oração focada! Ho un mal di pancia lancinante poiché ho appena vissuto il mio stesso parto attraverso gli occhi di mia madre. Ho pianto e ho le contrazioni allo stomaco. E mi arrovello. Non capisco se queste sensazioni, se quello che vedo sia reale o solo frutto del mio stato alterato di coscienza. Ma che differenza fa? In qualche modo so che devo partorire, che devo lasciare andare qualcosa. Conexaaaão. “Solo lasciando che la medicina faccia effetto possiamo liberarci dal peso dei nostri blocchi.” “Non c’è miglior difesa che non aver difesa.” Mi risuonano in testa le parole della nostra guida che però vengono sovrastate continuamente dai dolori, dal pensiero del sentiero da percorrere, nel buio, per arrivare fino a un angolino preposto, con dei buchi scavati nel terreno, dove poter finalmente rilasciare tutto il mio dolore. Com a fonte que tudo cria! Penso tutto ciò mentre chiudo gli occhi, mi inginocchio e mi arrendo, e lascio che la mia coscienza si espanda, cercando di volare altrove, di parlare con la foresta, di incontrare gli spiriti..
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