Editoriale di Michela Arfiero




In questi mesi ho vissuto in un paesaggio bianco, un territorio apparentemente senza margini, dove non riuscivo a trovare un punto di fuga per delineare lo spazio che mi circondava. Nella luce riflessa della neve anche la linea dell’orizzonte mi sfuggiva. Questo periodo trascorso tra le varie sfumature del bianco era però segnato da un margine preciso, lo zero termico. Una linea da oltrepassare.

Anche ora non riesco a delimitare gli spazi: i grandi alberi riversano foglie, e ciò che vedo è un fitto intreccio visivo attraversato dai suoni. Sono cresciuta in provincia, e l’essere “una marginale” suonava come una posizione geografica e sociale definita, anche se precaria. “Due mondi – e io vengo dall’altro. La soglia, qui, non è tra mondo e mondo né tra anima e corpo, è il taglio vivente …”. La realtà non è che una superficie, e tutto il vero accade altrove, nelle parole della scrittrice Cristina Campo faccio mio un modo in cui abitare i margini: quelli del visibile e quelli dell’esperienza.

Ventiquattro per trentatré centimetri e quattro millimetri definiscono i margini di una pagina di selvàtico. In questo numero 02 della rivista si articolano pensieri, racconti, parole, visioni e fotografie dedicate ai margini – direi come metafora, piuttosto che come critica sociale – percorrendo territori fisici e poetici: i confini tra sé e il mondo, tra vita e morte, tra silenzio e parola, tra forma e materia. Non solo intesi come limite percettivo, i contributi ampliano, modificano il concetto di margini. All’idea che i margini siano una posizione periferica, quindi secondaria e dipendente, contrappongono un’ottica capace di guardare su lunghe distanze, in diverse traiettorie, o per rimbalzi e sicuramente non solo verso un ipotetico centro.

Un po’ come il telescopio spaziale Kepler che, lanciato in orbita nel 2009, ci ha fatto scoprire migliaia di esopianeti e sistemi planetari multipli, oppure come il telescopio TRAPPIST che, nel 2017, ha individuato un sistema stellare simile al nostro, situato a circa quaranta anni luce dalla Terra. Poi però il pensiero, importante e presente, che ogni specie è dipendente dal suo ambiente, e che se l’ambiente scompare, scompare anche la specie. E che ci sono margini che dobbiamo tracciare, difendere e proteggere: gli habitat degli animali selvatici, quelli delle popolazioni indigene, tutto ciò che sfugge e resiste alla gentrificazione.

Se invece me ne devo liberare cerco di ripresentarli – fisicamente e mentalmente –, mi proietto in un Corridor di Bruce Nauman: stretti corridoi in cui camminare, che costringono a prendere coscienza del corpo, spingendolo al limite del comfort. Nauman non solo rappresenta i margini: li costruisce, li attiva, e li trasforma in un soggetto. Anche nel film Columbus (2017) di Kogonada, gli spazi, le linee e i margini dell’architettura modernista nella città dell’Indiana diventano protagonisti, in risonanza con lo stato d’animo dei personaggi che li attraversano e le loro traiettorie interiori; riflettendo sul rapporto tra ambiente costruito e stato d’animo. E se poi il pensiero marginale torna a chiudere troppo, cerco di mettermi in uno spazio selvatico, o mi immagino seduta davanti a un grande quadro di Robert Ryman, oppure di perdermi in un’installazione come Dream House dove le onde sonore in continuo mutamento si fondono e mi confondono con riflessi di luce al neon rosa. Forse i margini potrebbero essere bordi osmotici: se, come scrive Eduardo Kohn, dipendiamo energeticamente e fisiologicamente dagli altri esseri viventi, altrettanto il nostro pensiero si intreccia con le betulle, i cani, i delfini o i funghi, con la stessa necessità con cui il nostro metabolismo si nutre della materia di cui ci alimentiamo.



  • Donna Haraway, Chthulucene: Sopravvivere su un pianeta infetto (2016). Nero Editions, Roma 2020.
  • Cristina Campo, Diario bizantino in La tigre assenza. Adelphi, Milano 1991.
  • Cristina Campo, L’opera in frammenti. Adelphi, Milano 1987.
  • NASA – Kepler Space Telescope, missione lanciata nel 2009 per la scoperta di esopianeti tramite
  • il metodo del transito.
  • TRAPPIST-1, sistema planetario scoperto nel 2017 attraverso il telescopio TRAPPIST
  • (e poi dallo Spitzer Space Telescope).
  • Bruce Nauman, Corridors, installazioni 1969-1970.
  • Kogonada, Columbus. Film, 2017.
  • La Monte Young, Marian Zazeela, Jung Hee Choi, Dream House, installazione, dal 1993.
  • Tribeca, New York. www.melafoundation.org
  • Eduardo Kohn, Come pensano le foreste: Per un’antropologia oltre l’umano (2013). Nottetempo, Roma 2021.